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60 ANNI DI NATO: IL MASSACRO NELL’EX JUGOSLAVIA

24 Marzo 2009
 
Dieci anni fa iniziavano i bombardamenti della NATO nell’ex – Jugoslavia.
A pochi passi da noi la NATO, a braccetto con l’esercito italiano, scatenava morte e distruzione nella regione dei Balcani utilizzando bombe a frammentazione (proibite nell’81 dalla Convenzione di Ginevra) e armi all’uranio impoverito, contaminando per sempre quei territori e condannando i loro abitanti per generazioni e generazioni  ad un destino segnato da terribili malattie.


L’Italia non è stata semplicemente la “portaerei” della NATO, fungendo da base di lancio per numerosissimi bombardamenti che hanno colpito ospedali, acquedotti, fabbriche, centrali elettriche,  mercati, treni, autobus, colonne di profughi: l’esercito italiano ha partecipato attivamente alle missioni di guerra e l’allora governo di centrosinistra, strizzando l’occhio al Presidente USA Clinton,  ha dimostrato una volta per tutte il vero volto del suo sbandierato pacifismo.

Il conflitto del Kosovo ha rappresentato un illustre precedente per le guerre in Afghanistan e Iraq, nascondendo, forse con una spudoratezza mai vista in precedenza,  il suo volto dietro la menzogna della guerra umanitaria: per la guerra in Kosovo furono dispiegate in tutta la loro potenza le armi della suggestione e della manipolazione mediatica della realtà. Vennero risvegliate le fobie ancestrali nei confronti del “selvaggio” (non passava giorno senza che fossero pubblicate sui giornali foto di teste mozzate, corpi brutalmente mutilati, senza che venissero minuziosamente descritte le torture contro civili inermi), furono rievocati  i demoni della Seconda Guerra mondiale attraverso l’equazione che voleva Milosevič=Hitler (i Balcani erano una nuova  Auschwitz e se noi, a due passi da lì, non fossimo intervenuti con i nostri umanitari e salvifici bombardamenti a fermare il genocidio saremmo stati complici, come lo erano stati i tanti tedeschi, consapevoli e muti di fronte all’orrore dei campi di sterminio e delle camere a gas). Grazie allo sdegno provocato da queste immagini e questi racconti (molti dei quali si rivelarono in seguito del tutto costruiti e infondati) non solo la distruzione provocata dal nostro intervento, ma anche scelte criminali, come ad esempio quella di colpire bersagli civili nel tentativo di paralizzare il paese o allearsi e finanziare i macellai dell’Uck, responsabili della morte di 300.000 tra serbi, rom e appartenenti ad altre etnie non-albanesi (non avendo dovuto firmare alcun accordo, erano liberi di sterminare i loro avversari sapendo che ogni rappresaglia sarebbe stata denunciata come un’interruzione unilaterale del cessate il fuoco) passarono pressoché inosservate. Le armi della persuasione mediatica furono utilizzate contro noi “occidentali” per giustificare l’aggressione, ma anche contro gli stessi jugoslavi: non a caso tra gli obiettivi primari dei bombardamenti vi furono le sedi di radio e tv (ad esempio il 23 aprile 1999 alcuni missili lanciati da mezzi militari della NATO colpirono nel centro di Belgrado l’edificio che ospita gli studi e gli uffici della Radio Televisione Serba – RTS), e in molti casi vennero sostituite le trasmissioni consuete con quelle dei media ufficiali statunitensi o con altre registrate ad hoc.

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