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Il giorno prima della felicità, o come ci liberammo dai fascisti

3 Ottobre 2009
“Don Gaetano mi passava le consegne di una storia. Era un’eredità. I suoi ricordi diventavano ricordi miei. Riconoscevo da dove venivo, non ero figlio di un palazzo, ma di una città… Mi aveva trasmesso l’appartenenza. Ero uno di Napoli, per compassione, collera e pure vergogna di chi arriva tardi a nascere…”

Il giorno prima della felicità è quello raccontato da un bel libro di Erri de Luca, ambientato nella Napoli delle Quattro Giornate, nella Napoli che provoca la sua Liberazione, e in quella del duro dopoguerra. Il giorno prima della felicità è quello in cui il popolo napoletano prende in mano il suo destino, si ribella alla dittatura e all’occupazione tedesca. È il giorno in cui nelle file degli antifascisti, degli intellettuali e degli operai comunisti che per vent’anni hanno combattuto il regime di Mussolini entrano tanti ragazzi, una nuova generazione che non ne può più di miseria e menzogne. Ma il giorno prima della felicità è anche il giorno dei dubbi, della repressione, della fatica di crederci. È il giorno in cui alcuni stanno ancora a guardare, altri “vottano a scordare”, mentre il potere colpisce e reprime…  

Se non c’avessero ormai convinto che l’eroismo e la dignità non sono del nostro tempo, se non stessero sempre a ripeterci che l’antifascismo una volta andava bene, mentre oggi siamo “esagerati” perché in fondo basta confrontarsi civilmente e tutto si sistema, se non avessimo paura di esagerare con l’enfasi, saremmo sicuri di vedere il giorno prima della felicità in questo 30 settembre 2009. Una giornata decisiva, in cui cinquemila napoletani, nonostante il lavoro, nonostante i problemi quotidiani, nonostante tutto cospiri perché ci si disinteressi della propria città e della politica in generale, sono scesi in piazza per dire che i “nuovi” fascisti, quelli di Casa Pound, se ne devono andare da Materdei. Una giornata in cui le strade si sono riempite di ragazzi che sentono che il fascismo è ancora vivo e vegeto, e non è rappresentato solo dai pochi nostalgici rintanati in un vecchio monastero di Materdei, ma è dentro le istituzioni, negli apparati repressivi, nell’indifferenza di chi ogni anno lascia morire in mare e sui posti di lavoro migliaia di persone…  


Davanti alla fame e a al torpore che consentono al Governo, alla Lega, e ai gruppuscoli come Casa Pound di scatenare una guerra fra poveri, di sfogare la frustrazione su chi è più debole, facendo così gli interessi di chi in questa crisi sta accumulando miliardi, c’è stata una presa di parola collettiva. Abbiamo detto ad alta voce che non ne possiamo più, che la rabbia è troppa. Basta con le aggressioni contro i “diversi” (diversi da chi, poi?), contro omosessuali, meridionali, migranti, giovani che vogliono ancora cambiare il mondo, basta dare spazio a un manipolo di criminali che pesta gli studenti con cinghie, mazze e caschi a P.zza Navona, o a Napoli fuori la facoltà di Giurisprudenza, basta con l’ambiguità delle istituzioni che li sostengono e li fanno crescere, salvo poi commuoversi quando questi individui uccidono ragazzi come Davide Cesare (a Milano, nel 2003), Renato Biagetti (a Roma, nel 2006) o Niccolò Tommasoli (a Verona, nel 2008).
 
Se negli anni ’20 i fascisti si davano l’aria di “rivoluzionari” e intanto massacravano i contadini e gli operai coperti dal regio esercito, se negli anni ’70 gruppi come Terza Posizione scippavano le parole d’ordine della sinistra, e facevano stragi con le bombe con la complicità del Servizi, oggi, a dispetto del suo sito “giovane” e delle dichiarazioni di facciata, è Casa Pound a prendere il testimone di questa infame tradizione, della parte peggiore d’Italia. D’altronde la storia non si ripete mai alla stessa maniera, perciò bisogna saperla leggere. E quindi intervenire di conseguenza, prima che sia troppo tardi.

Stupisce invece trovare sui giornali solo gli “scontri” del 30 settembre. Lasciando stare le vere e proprie invenzioni (saremmo tornati agli “anni di piombo” solo perché si è spinto un po’ con due scudi di plexiglas?); mettendo da parte le “dimenticanze” (perché nessuno dice che – come testimoniano diversi video – i lacrimogeni sono stati sparati ad altezza d’uomo, che un poliziotto ha molto professionalmente lanciato un sanpietrino contro i manifestanti, che altri hanno caricato studenti evidentemente inermi?), nessuno parla del grande successo del movimento di queste settimane. Dal 13 settembre iniziative, concerti, incontri con giornalisti e professori, proiezioni nelle scuole e nelle piazze, l’apertura di uno spazio critico, il tentativo di fare cultura… E il giorno del corteo i cittadini di Materdei che si affacciano dal balcone e applaudono, i panieri calati con acqua, cibo e sigarette, gli interventi, la determinazione degli slogan e i tanti sorrisi… Tutto questo non lo si legge proprio da nessuna parte.

Si scrivono invece articoli che ispirano il più basso giustizialismo contro i “violenti”, si concedono interviste e colonne a pochi fascisti, la cui strategia comunicativa è ormai scoperta: spacciarsi per chi lavora per il “bene” della gente. Una becera operazione populista e di facciata, tesa a nascondere il fatto incontrovertibile che sono i movimenti e i collettivi a lottare quotidianamente perché Napoli sia un posto migliore. Noi non ce li ricordiamo questi fascisti quando qui aprivano discariche tossiche, quando licenziavano la gente, quando tagliavano i fondi all’istruzione, quando qualche mese fa è stato picchiato Marco Beyenne, colpevole di essere “uno sporco negro”… Ma ci ricordiamo bene, per dirne una, che fra i più grandi sostenitori napoletani di Casa Pound c’è Luciano Schifone del PDL, il quale oggi accusa gli antifascisti di violenza, senza dire che fu arrestato per aver lanciato diverse molotov contro una sede del PCI nel 1970… Ecco cosa intendono i fascisti per “fare il bene della gente”!

Oggi arrivano quindici denunce per il corteo del 30. Però i giornali non dicono se i “bravi ragazzi” che a volto coperto facevano il saluto romano dal tetto del palazzo occupato e si indicavano i testicoli (o se li cercavano?) provocando il corteo, sono passibili di “apologia di fascismo” o “travisamento”… Non dicono che mentre cinquemila napoletani sono in piazza, loro, per riuscire a tenere il posto, sono protetti da agenti in borghese e da una trentina di naziskin da Roma, da Avellino e dal Cilento… Non dicono che sono spalleggiati da politici conniventi con la camorra locale, come Florino, che ha avuto stretti rapporti con il boss Giuseppe Misso

Ma in fondo non importano né le denunce, né il pressapochismo dei giornali. I fascisti, cani da guardia del capitale, sono sempre stati difesi dai poteri forti, e Resistenza vuol dire, oggi come ieri, non cedere alle difficoltà, disfare pazientemente gli attacchi nemici. La nostra mobilitazione non si ferma adesso e non aspetta i tempi delle istituzioni, ma incarna il sentire vero della nostra città. Perché, come dice Erri de Luca, “siamo di Napoli per compassione, collera e pure vergogna”, abbiamo “le consegne di una storia”, e come il popolo del ’43 non ne possiamo più di miseria e menzogne… Cacciare le logiche razziste, sessiste, autoritarie fuori dalla nostra città, perché ritornino ad essere passato remoto, è il compito da assolvere ora, il giorno prima della felicità, quando ci liberammo dai fascisti.
 
 
prossimi appuntamenti:

 
– Lunedì 5, ore 17 a Palazzo Giusso, Università Orientale

assemblea cittadina contro il neofascismo e Casa Pound

– Mercoledì, ore 16:30 a Palazzo Giusso, Università Orientale

proiezione/dibattito su Casa Pound, i fatti di P.zza Navona, le “nuove” forme del fascismo e i suoi collegamenti istituzionali

– Venerdì, ore 19 al Centro Sociale Banchi Nuovi (via del Grande Archivio, traversa via San Biagio dei Librai)

aperitivo e spettacolo “parole e musiche contro il fascismo”, per diffondere i versi di chi, da De Andrè a Brecht, da De Gregori a Fortini, da Rino Gaetano a Neruda, attraverso i canti della tradizione anarchica e socialista, ha lottato per la libertà e la giustizia sociale
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