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Minori rifugiati: protesta al Santobono – il direttore Sanitario smentisce le “certezze” delle Questura

16 Aprile 2010

I MEDICI CURANO, NON DEPORTANO!

Una quarantina di attivisti antirazzisti, italiani e migranti, sono stati oggi a protestare negli uffici amministrativi dell’Azienda Santobono mentre fuori veniva distribuito un volantino, espilativo del perchè di questa protesta,  ed esposto uno striscione con la scritta "I medici curano, non deportano!". La protesta è nata dalla volontà di avere chiarezza sui tanti troppi interrogativi nati sulla tutela dei diritti dei minori rifugiati, che la polizia aveva trasferito nel CIE di Brindisi dopo "l’esame del polso" all’Ospedale Santobono.
Esame che avveniva 4 giorni dopo l’emissione del verbale di respingimento che quindi in presenza dei minori era stato redatto dalla polizia di frontiera senza alcuna giustificazione, ma anzi con un procedimento illecito che violava i loro diritti legali.
 
Poi l’11 aprile gli esami, che malgrado l’evidente contrasto con la giovanissima età dei ragazzi apparentemente cautelavano la procedura: i vertici della Questura affermavano che secondo le analisi i ragazzi avrebbero avuto un età ossea di ben piu di venti anni, sapendo che l’esame presenta molti margini di incertezza (di circa due anni) e che "nel dubbio" la legge e le stesse circolari ministeriali "impongono" la tutela del minore che non può essere respinto o internato in un CIE.

La protesta si è conclusa con un incontro/confronto con il Direttore Sanitario della struttura Ospedaliera dott. Enrico De Campora e con il direttore del Reparto di Pediatria.

La notizia più importante è che dopo aver visionato i referti, il Direttore Sanitario ha affermato chiaramente e pubblicamente che sui referti c’è scritto che "l’età ossea" dei ragazzi sarebbe di "circa 19 anni" e il direttore di pediatria ha specificato che il margine di errore è di almeno un anno e mezzo. Una smentita quindi delle dichiarazioni della Questura sui risultati dell’esame, che invece è compatibile con il dubbio che i ragazzi fossero minorenni e quindi con la prescrizione di legge che "obbliga" a tutelarli di fronte ad accertamenti che lasciano tali dubbi. Quindi dopo la prima procedura illegittima del 7 aprile, anche quando il 14 aprile i vertici dell’ufficio stranieri hanno disposto il trasferimento nel CIE di Brindisi, hanno compiuto un atto irregolare anche rispetto alla documentazione di cui disponevano. Ed è probabilmente questo il motivo per cui oggi almeno i sei minori sono stati liberati dal CIE di Brindisi (oppure è bastata già l’irregolarità del procedimento iniziale).

Inoltre il direttore di Pediatria ha affermato chiaramente che l’esame dell’età ossea è inadeguato allo scopo di determinare l’età anagrafica anche per l’incompletezza degli atlanti anatomici rispetto a molte popolazioni del sud del mondo e alle loro caratteristiche fisiche. Mentre il dott. De Campora ha spiegato che è stato effettuato solo quell’esame perchè quello è stato richiesto e che non c’è stata una presa in carico più complessiva della situazione fisica dei ragazzi perchè non sono stati fatti passare dal Pronto Soccorso…
Infatti gli attivisti contestavano la mancata presa in cura di giovanissimi che venivano da settimane in un container e la necessità di esprimere nei casi futuri per iscritto sui referti il massimo di tutela e di dubbi esistenti, visto che questi esami vengono usati dal ministero dell’Interno in maniera notarile e meccanica solo per oliare la macchina della deportazione e per aggirare i diritti di tutela. Il direttore sanitario ha chiarito di essere turbato dalla vicenda e che avrebbe posto tutta una serie di questioni procedurali per questi casi alla commissione etica dell’Ospedale, pur nel rispetto della collaborazione  tra le Istituzioni.

rete antirazzista napoletana

 
 
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