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“Liberando i libri”: un incontro con i ragazzi di Libreremo

11 Giugno 2010
 
Siamo abituati a pensare alla pirateria informatica come ad un’attività illegale spontanea, nata a partire dallo sviluppo delle nuove tecnologie. In realtà spesso dietro il file-sharing vi sono complesse filosofie di pensiero hacker, da un po’ di tempo organizzate dietro i famosi Partiti Pirati.

In Italia poi, accanto ai gruppi hacker veri e propri, vi è tutto un settore di movimenti radicali, che spazia dai collettivi universitari ai centri sociali, che ha da tempo incontrato questi stessi temi, partendo da posizioni politiche diverse. È il caso, fra gli altri, del progetto Libreremo, nato per diffondere tramite eMule libri – specialmente testi universitari – in barba alla legge ed alla proprietà intellettuale.

Consci che quelle in questione siano tematiche importanti, pur se legate a pratiche dichiaratamente illegali (anche se definite “legittime” dagli stessi), abbiamo deciso di incontrare ed intervistare uno dei collettivi che sostiene Libreremo: Get Up Kids!.


Al momento il sito web di Libreremo risulta non disponibile, quando pensate che tornerà online?

Stiamo cercando di risolvere il problema, speriamo che nel giro di qualche settimana www.libreremo.org torni di nuovo attivo… Intanto il progetto va avanti attraverso eMule, basta ricercare lì sopra i testi, digitando il titolo o l’autore, o semplicemente il tag “libreremo”. Quindi si può continuare a condividere e scaricare! E per il settore politico, con le nuove pubblicazioni, potere dare un occhio al sito del Collettivo Autorganizzato Universitario, su cui sono ospitate anche piccole schede per ogni libro.


Cosa è esattamente il progetto Libreremo e come nasce?

Detto rozzamente, Libreremo è un sito dove ti colleghi, cerchi un libro che ti interessa, magari lo trovi, ci clicchi sopra e lo scarichi attraverso eMule… Perché i libri spesso costano troppo e/o sono introvabili. Ma ovviamente la cosa è più complicata di così… Noi non vogliamo solo tentare di risolvere un problema pratico, di “mettere una pezza”, ma anche capire i motivi che ci causano disagio e cercare di affrontarli alla radice.

Libreremo nasce infatti quasi tre anni fa come uno strumento di riappropriazione dei contenuti, a disposizione di tutti quei soggetti sociali (studenti, lavoratori, precari, disoccupati… ) ai quali viene quotidianamente negato il diritto allo studio e quello più generale a farsi una cultura. Grazie alle reti P2P, Libreremo mette in condivisione migliaia di testi, universitari e non, e dà la possibilità a chiunque di contribuire segnalando nuovi materiali in formato digitale. In tal modo si aumenta e si diffonde il patrimonio culturale liberato dal copyright e dal profitto delle case editrici, le quali lucrano come parassiti sul lavoro degli autori, impongono prezzi assurdi, fanno scomparire libri dalla circolazione…

Attenzione: Libreremo ha una natura politico-culturale e non ha alcun tipo di finalità commerciale. Nasce dal basso, come percorso di lotta che intende contestare le vecchie e le nuove forme della disuguaglianza.

L’obiettivo di Libreremo – oltre a quello molto concreto di ottenere materiali di studio, che siano manuali o testi ormai introvabili, libri che non vengono più stampati solo perché “non vendono” – è di stimolare una critica del diritto d’autore e più in generale della proprietà intellettuale, facendo emergere come la sua difesa e il suo rafforzamento siano dettati da interessi tutt’altro che “immateriali”.

L’aumento esponenziale dei brevetti depositati, la nuova divisione internazionale del lavoro, lo sviluppo di Internet e delle tecnologie digitali, le continue ondate repressive contro la libera circolazione dei contenuti: sono tutti elementi che testimoniano l’importanza assunta negli ultimi 20 anni dalla proprietà intellettuale, come nuova e ancora più paradossale forma di proprietà privata. Per questo pensiamo che nel 2010 una critica radicale al capitalismo debba tenere dentro anche questi aspetti, e che l’orizzonte di un progetto come Libreremo debba coincidere con quello di un cambiamento complessivo della società. La negazione della conoscenza e di ogni cultura critica è solo una delle tante forme di esclusione sociale.

Nel sito è già chiarito che quello che fate è illegale. Sentite questo come un problema?

No, anche se speriamo ovviamente che problemi non ce ne siano… Scherzi, a parte, siamo convinti che la legalità non sia un feticcio, una cosa data una volta per tutte, che non può essere mai infranta. Fino a settant’anni fa, per esempio, era illegale scioperare, oggi – nonostante i continui attacchi – è un diritto dei lavoratori. Stessa cosa si potrebbe dire per l’aborto o per il divorzio, legalizzati poco più di trent’anni fa… Insomma, la legalità è un dato meramente storico, e i nuovi bisogni, le lotte, le culture alternative, un cambiamento di massa nei comportamenti, generano spesso una nuova legalità… Non è quindi da escludere che un giorno scaricare, passarsi i contenuti potrà essere assolutamente legale, a patto ovviamente che ci sia chi lotti per questo. D’altronde stiamo parlando di condivisione, qualcosa che non fa danno a nessuno, se non a pochi ricchi privilegiati, e che invece fa bene alla stragrande maggioranza…

Comunque la questione della legalità si dovrebbe approfondire: sempre banalizzando, le leggi le fanno gli stati, e le fanno assecondando e consolidando quelli che sono i rapporti di forza dominanti nella società. Questi rapporti sono dettati da rapporti di proprietà, e non a torto Marx diceva che gli stati sono il “comitato d’affari della borghesia”! Gli eventi di quest’ultimo anno ce ne danno svariate prove: a chi gli stati europei hanno dato milioni e milioni con la scusa della crisi? Alle banche! Cosa taglia uno Stato quando ha un deficit? I servizi sociali e l’amministrazione pubblica, mica mette una tassazione più equa o espropria le industri e gli apparati che hanno lucrato per decenni sulle sue spalle… Insomma, ciò che è legale non è detto che sia giusto moralmente, e quello che è giusto può essere illegale. Di solito il potere politico è un luogo che si occupa per rafforzare il proprio dominio economico; quindi è ovvio che attaccare questo dominio comporti qualche rischio con la legge…

Questo discorso vale se pensiamo ai centri sociali occupati e spesso sgomberati, alle conseguenze giudiziarie che può avere pubblicare un’intercettazione o un articolo “scomodo” etc… In tempo di crisi la paura di chi detiene il potere economico è forte, e preme sul sistema politico per restringere ogni spazio di democrazia e di scambio.

In conclusione: Libreremo può essere illegale per chi ci governa, ma sicuramente è molto più legittimo e morale del profitto delle grandi imprese. Lo stesso si potrebbe dire di altre “violazioni” dei diritti di proprietà intellettuale, come ad esempio la produzione a basso costo di farmaci contro l’AIDS, che secondo i manager delle multinazionali dovrebbe cessare – con quali conseguenze possiamo immaginare – perché il rispetto dei loro brevetti vale più di milioni di vite umane… Secondo noi, consentire a migliaia di persone di portare avanti i propri studi, di crescere, di interrogarsi è molto più importante dei loro bilanci…

Comunque se tutti facessero come noi, ovvero se tutti condividessero e scaricassero libri, prendessero coscienza, si organizzassero pubblicamente, manifestassero il loro dissenso insieme ai collettivi ed alle reti sociali, probabilmente il legislatore avrebbe più difficoltà a intervenire in senso meramente repressivo… Quindi invitiamo sempre alla massima partecipazione!

Il vostro modo di interpretare il fenomeno del file sharing è chiaramente molto politicizzato. In che modo, secondo voi, il P2P può contribuire ad una società migliore?

Saremo bruschi: non pensiamo che il P2P possa, di per sé, contribuire ad una società migliore. Siamo lontani da quelle utopie, o per meglio dire balle, che ci dicevano che la Rete ci avrebbe reso liberi, cittadini protagonisti, consapevoli etc. I rapporti di forza si spostano nel mondo reale, o per meglio dire: non esiste un mondo virtuale a parte, fuori, incontaminato. Persino “Second Life” riproduce perfettamente il nostro mondo e l’ideologia del mercato. Questo non è solo per dire che ci hanno così riempito la testa di pubblicità, competitività, produttivismo, avidità di denaro e di fama, che non riusciamo nemmeno più a immaginare un mondo diverso… Vogliamo anche far notare come certe tecnologie siano ampiamente usate dalle grandi multinazionali per veicolare i propri contenuti e fare profitti (vediamo Google, Myspace, Facebook etc), e che inoltre avere uno strumento come emule non implica che la gente scarichi documentari storici o film d’essai; è molto più probabile ad esempio che in una società sessista e repressa, che mostra ovunque sederi e seni, i ragazzi si ammazzino piuttosto di film porno…

Ma il P2P può essere di certo un grande strumento, se sottratto alle logiche commerciali, per far girare informazioni, cultura, idee. Facciamo un esempio pratico: se prima un collettivo studentesco voleva proiettare un film un poco alternativo, c’erano innumerevoli difficoltà. Dovevi conoscere qualcuno che ti prestava la pellicola, o comprarla, fartela spedire… Adesso chiunque si connette, la scarica, e se la vede, magari creando discussione, dibattito. Chiaramente per funzionare così il P2P ha bisogno del collettivo, ovvero di un nodo reale, di incontri fisici. Ha bisogno che le persone siano consapevoli, critiche, e attive, disposte alla partecipazione. E queste sono cose che si imparano nel mondo reale, in famiglia, a scuola, all’università o sul posto di lavoro, incontrando esempi “viventi”, ed imparando a proprie spese che vuol dire lottare per la libertà e l’uguaglianza. Solo in questo senso, ovvero come circolazione rapida di conoscenze, saperi, e anche esperienze di lotta, il P2P può contribuire a una società migliore…

Il lavoro di Libreremo è centrato soprattutto sui libri universitari e scolastici. L’obiettivo dichiarato è quello di venire incontro alle spese degli studenti, che spesso sono costretti ad esorbitanti esborsi, nonostante rette universitarie non proprio economiche. Pensate, però, che la “libera circolazione delle idee” possa danneggiare la ricerca in genere, tagliandone parte delle entrate o, piuttosto, ritenete che possa favorirla?

Se vogliamo essere seri, ovvero analizzare i dati, e fare inchiesta sociale, vediamo che l’unica cosa che oggi ostacola la ricerca oggi sono le “riforme” e il taglio dei fondi alla scuola e all’università (attuati sia dal centrodestra che dal centrosinistra). Quello che in Italia ostacola la ricerca è la precarietà del lavoro dei docenti e dei ricercatori, la mancanza di fondi per progetti, per studi, per strutture come biblioteche e laboratori… Quello che invece la favorisce è la sicurezza di uno stipendio, lo scambio con l’estero, l’accesso a materiali vasti, diversi, in più lingue, rari, a libri di dieci o trent’anni fa che non vengono più ristampati… Chiunque direbbe che la circolazione di idee è importante per produrne di nuove, o per migliorare le esistenti. Solo che alcuni pensano che questa circolazione si debba pagare, e caro, di modo che solo in pochi possano arrivare a controllare, veicolare e riprodurre la conoscenza…

Conosciamo abbastanza bene il mondo della ricerca per sapere che sono pochissimi a porsi il problema dei diritti d’autore per i propri testi. Anche perché nel mercato editoriale attuale i testi scientifici sono per la stragrande maggioranza stampati da piccole case editrici, che lavorano già coperte dai fondi statali. Solo che per ricevere questi fondi lo scrittore deve rinunciare ai diritti SIAE… Mentre la casa editrice invece non solo ha le spese di stampa pagate, ma anche la speranza che molti studenti comprino il libro che il prof. ha ovviamente imposto al suo corso (e ovviamente il prof. lo fa nel migliore dei casi per far girare le sue idee, ma in genere per mantenere un buon rapporto con la casa editrice)… Insomma ad un prof., a un ricercatore, a quella platea di precari che sostiene il sistema della conoscenza, normalmente non arriva in tasca una lira: spesso gli basta solo che il proprio nome e le proprie idee siano conosciute, ed aggiungere un tassello al proprio curriculum, per strappare un minimo di stabilità economica.


Il collettivo Get Up Kids!, oltre ad essere uno dei sostenitori di Libreremo, è molto attivo nel campo musicale, ribadendo su questo argomento posizioni simili a quelle espresse per i libri. Volete riassumere la vostra proposta e raccontarci le vostre “pratiche”?

Il collettivo nasce a Napoli nell’estate 2005, sebbene dal novembre del 2004 fossero organizzate, sotto la sigla “Rock Against”, diverse serate di musica e protesta. Get Up Kids! ha continuato quell’esperienza con la diffusione militante di materiali e opuscoli, organizzando presidi, concerti e dj set, dando spazio sul sito alle voci dei giovani artisti e partecipando alla creazione di due cd autoprodotti – uno, UTOPIA, di band alternative campane, ed un altro, YOU HAVE NO CONTROL, di tributo ai Fugazi, i pionieri americani del “Do It Yourself”. Entrambi, inutile dirlo, sono liberamente scaricabili.

Get Up Kids! si occupa di accesso alla musica, diritti di proprietà intellettuale e socializzazione dei saperi, in opposizione al presente modo di produzione e circolazione della cultura, alla SIAE ed all’attuale sistema discografico, editoriale.I suoi intenti principali sono:

* incentivare, attraverso pratiche di scambio, condivisione, autoproduzione, la creazione di musica al di fuori dei meccanismi del copyright, organizzando e appoggiando eventi, manifestazioni, concerti che promuovano un modo alternativo di fare arte.
* fare controinformazione sulle tematiche che riguardano i diritti di proprietà intellettuale e le reali conseguenze dello sfruttamento economico di “copyright” e “brevetti”;
* portare avanti iniziative concrete contro il costo eccessivo della cultura, dai libri, ai film, ai cd;
* sostenere diverse forme di produzione e distribuzione dei contenuti (software libero, peer-to-peer…);

Siamo convinti che la musica ed ogni altra forma di sapere abbiano una genesi sociale e che derivino da un’insieme di relazioni collettive. Per questo motivo la cultura deve essere liberata (cioè non asservita a logiche speculative e di profitto) ed alla portata di tutti, sia dal punto di vista della fruizione che della produzione. Solo così può diventare ciò che veramente è: un modo di comprensione della realtà, uno strumento di formazione di individui più consapevoli e di coscienze antagoniste, un’alternativa alla noia, all’emarginazione, alla sottocultura.

Sappiamo però che questa nostra convinzione rimane “vuota” se non si appoggia ad una prospettiva politica più larga. Perciò supportiamo le strutture politiche che lavorano per il miglioramento e la trasformazione dell’ordine esistente, e collaboriamo con le realtà che lottano per creare e mantenere vivi spazi di socialità, al di là di logiche di profitto o istituzionali. Da qui il nostro rapporto con collettivi universitari come il CAU o centri sociali come Officina 99.

A che tipo di tecnologia P2P vi appoggiate per entrambi i progetti?

In genere ad eMule, perché quando iniziammo era il sistema di P2P più utilizzato e di più facile accesso. Oggi ci rendiamo conto che sarebbe il caso di portare i materiali anche sui sistemi BitTorrent. Ma è un lavoro impegnativo e quindi ci stiamo mettendo un po’ di tempo, anche perché è del tutto volontario… Come tutti, dobbiamo studiare, lavorare, pagare le spese, fare file alla posta etc. Però agendo collettivamente si riescono a fare molte cose che ognuno di noi, da solo, non riuscirebbe a fare: quindi se qualcuno (singoli o gruppi) ci vuole aiutare, è davvero ben accetto!
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