Smash G8 Università: per una ricerca libera, garantita, per scopi sociali!
14 Maggio 2009
MOBILITIAMOCI TUTTI CONTRO IL G8 DELL’UNIVERSITÀ!
PER UNA RICERCA LIBERA, GARANTITA, PER SCOPI SOCIALI!
PER UNA RICERCA LIBERA, GARANTITA, PER SCOPI SOCIALI!
un contributo della Rete dottorandi e ricercatori delle università di Napoli
rete.univ.napoli@gmail.com
rete-dottorandi-ricercatori.noblogs.org
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Dal 17 al 19 maggio, a Torino, alcuni rappresentanti dei paesi più “sviluppati” si riuniranno per un altro degli incontri preparatori in vista del G8 italiano di luglio, recentemente spostato all’Aquila con danno e beffa delle popolazioni terremotate. Come hanno fatto l’anno scorso in Giappone, i membri di questo autoproclamatosi “Governo Mondiale” hanno invitato al loro banchetto anche i Rettori delle università ed alcune ONG. Lo scopo dichiarato è quello di pensare e realizzare la “sostenibilità”, incoraggiando una ricerca scientifica a sostegno dell’ambiente e dello sviluppo di energie “alternative”.
Tutto bene dunque? Assolutamente no! Lo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, che il modello economico capitalista persegue in nome del profitto, ha per forza portato sotto la luce dei riflettori il problema ambientale. Ma per il G8 non si tratta certo di attaccare alla radice le ragioni dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento, della devastazione dei territori: si tratta piuttosto di pensare nuove forme di accumulazione, nuove forme di approvvigionamento energetico, nuovi modi di fare profitto in tempo di crisi.
Tutto bene dunque? Assolutamente no! Lo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, che il modello economico capitalista persegue in nome del profitto, ha per forza portato sotto la luce dei riflettori il problema ambientale. Ma per il G8 non si tratta certo di attaccare alla radice le ragioni dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento, della devastazione dei territori: si tratta piuttosto di pensare nuove forme di accumulazione, nuove forme di approvvigionamento energetico, nuovi modi di fare profitto in tempo di crisi.
La scelta ideologica di passare “una mano di verde” non cambia quindi la natura di questi incontri. I vertici internazionali – promossi dai paesi a capitalismo avanzato, che in 8 controllano quasi tutta la ricchezza mondiale ed istituzioni economiche sovranazionali decisive come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale, senza contare la loro schiacciante forza militare ed il ruolo che hanno nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU – non sono altro che uno strumento per trovare e imporre risposte a una sempre maggiore difficoltà di gestire un modo di produzione altamente integrato ma ormai in crisi dappertutto… Un modo per conservare il predominio a livello internazionale, e difendere gli interessi di quelle classi padronali e di quegli speculatori che, mentre nel resto del mondo sfruttano, affamano, promuovono guerre, in Occidente spingono per tagliare la spesa pubblica ed i servizi sociali, abbassare i salari, distruggere la contrattazione collettiva e reprimere il diritto di sciopero.
Un modo sempre più autoritario, che si fonda sulla criminalizzazione del dissenso e sulla più violenta repressione, come in occasione del G20 di Londra e dell’incontro NATO di Strasburgo, terminati con un morto, centinaia di arresti e di feriti anche gravi…
Gli otto capi di Stato che si arrogano il diritto di decidere per tutti sono quindi solo la parte più evidente del problema. Dietro di loro ci sono cordate di interessi delle borghesie internazionali che spingono per privatizzare e mercificare sempre nuovi spazi della vita collettiva, per aprire nuovi mercati, suscitare nuovi bisogni, tagliare i costi di formazione, di produzione e di circolazione delle merci. Per riuscire nel loro intento hanno bisogno di lavorare in combutta con le istituzioni, dai Governi e gli apparati statali, fino ai Rettori ed ai baroni delle nostre facoltà. Così l’anno scorso il G8 giapponese ha visto nascere anche quest’incontro specifico sull’Università, in cui si dettano le linee che poi i singoli paesi devono implementare.
Quest’alleanza col mondo accademico è dunque necessaria per diversi motivi: serve per legittimare il più possibile scelte che vanno contro la vita della stragrande maggior parte dell’umanità, per puntellare ideologicamente un sistema che provoca miseria e morte, per asservire la ricerca e la cooperazione che si produce negli atenei agli interessi delle multinazionali. Qui l’Università deve apparire come un luogo neutro, aperto a tutti, very friendly, in cui si lavora per il benessere dell’umanità.
Poco importa che in essa si ripercuotano tutte le differenze di classe che per molti la rendono insostenibile, poco importa che non ci siano servizi, alloggi, mense, borse di studio a disposizione, poco importa che il libero sviluppo della propria intelligenza sia condizionato da curricula sempre più stringenti, che la qualità dello studio sia misurata in crediti, in unità di tempo, che la ricerca sia asservita a logiche baronali, e la precarietà dei contratti sia la normalità…
Poco importa che nelle università entrino i privati (case farmaceutiche, imprese militari, multinazionali dell’alimentazione OGM), fino a trasformarle in fondazioni, fino a imporre ai Consigli di Ateneo convenzioni, stage, programmi di ricerca che permettano alle aziende di sfruttare l’investimento pubblico per migliorare il loro prodotto e crescere il proprio bacino di disoccupati ricattabili, in competizione fra loro, sempre più disciplinati e pronti a tutto!
Poco importa che, come detto nel vertice giapponese dell’anno scorso, i campus siano proposti come un nuovo modello di organizzazione della metropoli. Un modello fatto di rettori un po’ manager un po’ carcerieri, telecamere, badge magnetici, controllo dell’accesso ad internet, presenza ossessiva della vigilanza, riduzione degli spazi collettivi, invito alla massima produttività, con aule minuscole pensate apposta per spingere alla puntualità, alla competizione fino alla mortificazione dei corpi!
***
La questione ambientale è un laboratorio fertilissimo per il capitale. È innanzitutto l’apertura di un altro mercato, che vuole rispondere alle “sfide ecologiche”, anche se il rimedio sarà come sempre apparente e peggiore del male. In nome della “sostenibilità”, parola tutto sommato nuova e gradevole, si possono tagliare le spese e fare profitti. Si possono ad esempio mettere al lavoro giovani ricercatori per sviluppare la ricerca sulle nuove fonti energetiche: da quella sui pannelli solari, di cui guarda un po’ la Shell detiene quasi il monopolio, a quella sui biocarburanti, che sottraggono cibo agli uomini per metterlo nei motori, fino a quella sul nucleare. In questi modi si obbedisce all’imperativo occidentale di diminuire la propria dipendenza dal gas e dal petrolio dell’area mediorientale, russa e sudamericana, tutte difficili da controllare, anche se per motivi diversi.
Ma i promettenti ricercatori possono anche essere sfruttati per attivare ricerche sugli Organismi Geneticamente Modificati, sui cosmetici e sulla chirurgia plastica, sulle tecniche di controllo del Web, ed infine, perché no?, anche su nuovi batteri ad uso industriale, che chiaramente possano poi essere brevettati, segnando così persino l’assoggettamento di alcune forme di vita a Big Pharma…
L’investimento su programmi di ricerca “ecocompatibili” dettati da privati, non solo non implica il rispetto dell’ambiente, non solo non garantisce lo sviluppo libero e autonomo della ricerca scientifica, ma chiama l’Università a coprire e affinare lo sfruttamento che da sempre il capitalismo porta avanti nei confronti dell’uomo e della natura. Questo vertice, come quello di Sapporo dello scorso anno, non ha insomma altre finalità che riorganizzare e ristrutturare la formazione universitaria, per trarre valore dalle risorse naturali.
Come Rete dottorandi e ricercatori delle università di Napoli, nati nel cuore del movimento contro la “riforma” Gelmini, abbiamo portato avanti una serie di iniziative e rivendicazioni per il diritto allo studio, contro la crescente precarizzazione del lavoro universitario e le ben note forme di potere baronale che caratterizzano questa istituzione. Sappiamo però che questo lavoro si deve accompagnare ad una costante attenzione a quelli che sono anche i meccanismi di riproduzione ideologica che portano l’Università a formare la coscienza della società ed i suoi strumenti tecnici nella maniera più corrispondente possibile allo status quo vigente.
È per questo motivo che invitiamo tutti i dottorandi, i ricercatori, gli assegnisti di ricerca, i docenti e chiunque voglia lottare per un’Università ed una società diversa ad incontrarsi nel controvertice di Torino ed a scendere in piazza nella manifestazione nazionale del 19. Ancora una volta, è il momento di contestare le logiche che ci asserviscono, impedire che si decida sulla nostra pelle, unirsi agli studenti, ai lavoratori, ai disoccupati, ed a tutti quei soggetti a cui stanno facendo pagare questa crisi!
Categorie:scuola e università