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Solidarietà ai compagni greci!

5 Gennaio 2009
Ieri mattina abbiamo appreso con sgomento della morte di Andreas Grigoropoulos, 15 anni, ucciso qualche ora prima dalla polizia di Atene. Sabato 6 dicembre, verso le 22, Andreas si trovava nel quartiere di Exarchia, zona di aggregazione della sinistra antagonista, che paga la sua lunga tradizione di attività politica con il controllo ossessivo e violento delle “forze dell’ordine”.

 
Ad Exarchia girano infatti camionette blindate e corpi d’élite detti “Blue-suits”, specializzati nella repressione dei militanti politici. Ad Exarchia la polizia provoca, tira fuori i muscoli, per fare paura.    Insieme ad altri suo compagni Andreas aveva deciso di contestare attivamente la militarizzazione del loro quartiere. A mani nude vanno a dire agli agenti speciali che la loro presenza non è gradita, che è una provocazione. Dopo un primo diverbio verbale si passa alle minacce: varie bottiglie e sassi vengono quindi lanciati contro l’autoblindo.


 

Due poliziotti, di 37 e 31 anni, scendono dalla macchina ed esplodono prima delle granate stordenti, poi tre colpi di pistola. Uno di questi colpisce Andreas al petto. Morirà 15 minuti dopo il trasferimento in ospedale. Poco prima aveva chiamato a casa, dicendo che stava per tornare.

 


Ad Exarchia come altrove la polizia ha il grilletto facile. Ad Exarchia lo Stato mostra il suo vero volto.  Subito dopo la morte di Andreas decine di camionette sono giunte nel quartiere scontrandosi con i compagni presenti; contemporaneamente molta gente si è radunata davanti all’ospedale di Evangelismos per impedire alla polizia di entrare. Per protestare contro la sua morte migliaia di cittadini sono subito scesi per le strade di Atene, Salonicco, Patrasso, Yannena, Iraklio, Chania, Komotini, Mitilini, Xanthi, Serres, Sparta, Alexandroupolis, Volos e Hania, sull’isola di Creta.
 
Ci sono stati altri scontri, e purtroppo altri arresti e feriti. Diverse facoltà sono state occupate. Sotto la pressione popolare, due ministri hanno offerto le dimissioni, che il premier di destra Karamanlis non ha accettato. D’altronde perché avrebbe dovuto? I poliziotti fanno bene il loro mestiere, certo a volte esagerano un po’, ma la morte di un ragazzo è solo un “effetto collaterale”. Si è poi saputo che gli ordini di questi agenti speciali, formati così bene dal punto di vista tattico e politico, sono quelli di rispondere senza esitazione e con tutti i mezzi disponibili a qualsiasi reazione della piazza… 
 
Dalla Grecia all’Italia le “forze dell’ordine” si comportano come se le nostre strade fossero territori occupati. Esaltati, incoraggiati dai Governi e dai media, seguendo quelle che ormai sono vere e proprie regole di ingaggio, si premurano di reprimere, terrorizzare, normalizzare, chiunque sviluppi una coscienza critica. Intenti a servire gli interessi di un capitalismo sempre più in crisi, al desiderio di libertà e di giustizia sociale rispondono con le armi, provando a soffocare sul nascere ogni dissenso. 
  Da noi i movimenti sociali, i lavoratori, gli studenti, i disoccupati, i cittadini intenti a difendere il proprio territorio dalla devastazione ambientale, non dimenticano le manganellate ricevute, le cariche, le teste rotte, le falsificazioni della stampa e delle televisioni.
La nostra generazione ha conosciuto la violenza delle “forze dell’ordine” nelle strade di Napoli, di Genova, alla Scuola Diaz, alla caserma Bolzaneto. Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri hanno pagato con la vita le direttive dei ministri, il clima di terrore fabbricato ad arte, la cieca obbedienza alle logiche di profitto, l’imbarbarimento della vita collettiva, l’arroganza di chi si crede uomo solo perché ha una pistola in mano. Senza nemmeno quel minimo di decenza che il lutto dovrebbe ispirare, i media già iniziano a fabbricare menzogne: parlano di “molotov lanciate contro la pattuglia”, di “legittima difesa degli agenti”, di “proiettile rimbalzato”, di manifestazioni “violente e contro i diritti umani”…
 
Ecco l’ideologia, l’altra faccia della violenza di Stato. Ma a noi ripugnano queste diversioni: quando la polizia manganella e apre il fuoco non abbiamo dubbi su da che parte stare. E sappiamo cosa dobbiamo fare. Resistere ora, per non essere i prossimi. Chiedere giustizia fino in fondo. Come diceva Brecht, “Fare appello alla sovversione dell’ordine esistente sembra cosa tremenda.Ma quello che esiste non è un ordine. Cercare rifugio nella violenza sembra cosa malvagia.Ma poiché quello che di norma si esercita è violenza, non è niente di strano…”

 

 Esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai compagni greci


 E un pensiero forte, commosso e rabbioso ad un compagno che non abbiamo conosciuto, ma la cui vita è stata spezzata troppo presto  

Andreas è vivo, e lotta insieme a noi!
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