Per un’università pubblica, libera e di massa: No ai test di autovalutazione!
9 Settembre 2009
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Come da copione anche quest’anno l’accesso a numerose facoltà ed a singoli corsi di aurea è limitato da un numero chiuso. La giustificazione unanime fornita da governo, industriali e rettori verte su due “virtù” proprie dello sbarramento all’ingresso: l’efficienza delle strutture universitarie e la possibilità di selezionare i più capaci e meritevoli tra gli studenti. A partire dal 1996, quando era ancora adibito all’iniziativa del singolo ateneo (a tutt’oggi costituisce competenza governativa), il numero chiuso era presentato come uno strumento capace di favorire i meno abbienti , poiché si basava sul merito e non sul reddito. Eppure statistiche ormai decennali dimostrano chiaramente come la provenienza da un’area geografica anziché da un altra o da una scuola di periferia rispetto ad una scuola “bene” possano fare una grande differenza nei livelli di preparazione e nelle possibilità di accesso al mondo universitario, o quanto vi influisca la presenza di laureati tra i genitori e la quantità di libri presenti in casa. Questi fattori, insieme all’insufficienza delle politiche per il diritto allo studio (borse, trasporti, studentati), al continuo aumento delle tasse universitarie e all’impossibilità per gli studenti lavoratori di frequentare (come indotto e richiesto progressivamente dal nuovo ordinamento), confermano la presenza di un meccanismo di selezione di classe nel nostro sistema formativo.
Categorie:scuola e università