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STORIE DI ORDINARIA REPRESSIONE

22 Marzo 2009
di RED-NET rete delle realtà studentesche autorganizzate

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Esprimiamo piena solidarietà ai compagni pisani manganellati a più riprese dalla polizia e dai carabinieri di Berlusconi.



Semmai ce ne fosse bisogno, questa è l’ennesima dimostrazione che l’Università è un terreno fertile per tutti quei pennivendoli, a partire dai tanti Marcello Pera di passaggio per arrivare ai baroni stanziali e ben “radicati”, che portano avanti l’ideologia dominante, del tutto funzionale alla conservazione dello stato di cose presente. Un terreno che va difeso, se necessario, anche con la forza, impedendo ad un gruppo di studenti pisani di accedere all’interno della propria università, dove si stava tenendo la presentazione del libro del suddetto Pera, dal titolo “Perché dobbiamo dirci cristiani” lanciata da realtà del fondamentalismo cattolico come Scienza e Vita, o della destra neofascista, come Laboratorio99. Tutto ciò accade mentre si moltiplicano i provvedimenti repressivi (ddl sul divieto di sciopero, protocollo romano sul percosro dei cortei) sottoscritti tra gli altri dalla triade CGIL-CISL-UIL ed esacerbati dalla immancabile presenza dei fascisti.

A Padova, Cagliari, Torino, Milano, Roma, Bergamo e Firenze (per parlare dei fatti dell’ultimo mese e mezzo) la Polizia ha protetto i fascisti, spesso caricando e tentando di disperdere gli antifascisti. In particolare a Torino, Bergamo e Pisa la Polizia ha caricato violentemente i compagni, inseguendoli per le scale ed i corridoi universitari o fin sopra gli autobus. A Napoli, Roma 3 e Tor Vergata i fascisti hanno cercato di imporre la loro presenza nell’unica maniera che essi conoscono: la violenza squadrista. Alla Sapienza romana e a Pisa la Polizia  ha caricato i manifestanti.



Purtroppo assistiamo spesso alla pubblicazione di comunicati, da parte del movimento, attraverso i quali si invoca alla funzione "normale" della polizia, che sarebbe quella di espellere i fascisti. La realtà è ben diversa, poichè il ruolo normale e manifesto di forze dell’ordine e magistratura è quello di controllare e reprimere il conflitto sociale, in qualsiasi forma esso si manifesti. I fascisti, che non per nulla continuiamo a chiamare "servi dei servi", sono parte integrante di questa strategia di controllo, quantomai necessaria in questo momento in cui la crisi del capitalismo si fa più acuta. Difatti essi reprimono il movimento, arrivando tranquillamente ad uccidere i compagni o a sprangare studenti inermi come è accaduto in Piazza Navona; fanno proseliti non solo nella classe media inferiore, come è stato negli anni venti, ma anche all’interno della classe operaia e del sottoproletariato, presentandosi come un’alternativa politica per uscire dalle difficoltà economiche, dall’insicurezza reale, attraverso semplici slogans (dal mutuo sociale al no ai baroni al case agli italiani), proteggendo nella realtà gli interessi della classe dominante al potere e creando ostilità nei confronti di chi si oppone quotidianamente ad una realtà di guerra e sfruttamento.

Il tentativo di sdoganare quello che è stato il fascismo in Italia, a partire dalla "Giornata del ricordo"  rientra nel progetto reazionario e pienamente in corso di ridare legittimità su tutti i fronti alla feccia fascista, oscurando al contempo l’esperienza della Resistenza in Italia ed in Jugoslavia.


Tutto questo rientra nel progetto statale che vuole regolare ed incanalare l’insicurezza generata dalla crisi economica, che altrimenti può sfociare in conflitto sociale; al tempo stesso lo Stato risponde a questa insicurezza aumentando le forme di controllo su di una società, quella capitalistica in cui viviamo, che attraversa un momento acuto di una crisi che dura ormai da quarant’anni. Quando il conflitto emerge, come è accaduto a Pisa, il controllo si trasforma in pura repressione. L’approfondimento dello sfruttamento in risposta alla crisi richiede dunque un’intensificarsi delle misure repressive, lampante se pensiamo alla ferocia dell’intervento poliziesco tanto a Bergamo quanto a Torino.



In questo senso, dunque, la lotta anti-repressiva e l’antifascismo militante sono momenti specifici e necessari nella lotta generale contro le politiche di Confindustria, contro la guerra imperialista, contro l’asservimento della cultura alla logica dello sfruttamento.

 
SOLIDARIETA’ AGLI STUDENTI PISANI CARICATI DALLA POLIZIA!
CONTRO IL FASCISMO E LA REPRESSIONE DELLO STATO!
 
studenti.autorg@gmail.com
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