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L’11 settembre che nessuno ricorda…

12 Settembre 2009
http://www.youtube.com/watch?v=X93gDFGvJZg
 
L’11 settembre 1973 Victor Jara (1932-1973 cantante e uomo di teatro, autore di canzoni che parlavano soprattutto della vita della gente umile, dell’amore ma anche dell’impegno civile e politico), fu arrestato dai militari fascisti di Pinochet e imprigionato nel famigerato Estadio Nacional de Chile (detto "Estadio Chile"). Vi rimase per sedici giorni, durante i quali, con mezzi di fortuna, continuò a comporre canzoni e poesie. Quella che segue, probabilmente è la sua ultima (gli fu trovata in tasca).
Quattro giorni dopo, gli furono prima spezzate le mani in mezzo alle grida di scherno di quei militari di merda ("Su, cantaci una canzoncina ora!"), poi gli furono tagliate. Fu poi ucciso.
Lo stadio di Santiago ora si chiama Estadio Víctor Jara.
 

ESTADIO DE CHILE
(Victor Jara)

Siamo in cinquemila, qui,
In questa piccola parte della città.
Siamo in cinquemila.
Quanti siamo, in totale,
Nelle città di tutto il paese?
Solo qui
Diecimila mani che seminano
E fanno marciare le fabbriche.
Quanta umanità
In preda alla fame, al freddo, alla paura, al dolore,
Alla pressione morale, al terrore, alla pazzia.

Sei dei nostri si son perdi
Nello spazio stellare.
Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto
Si potesse colpire un essere umano.
Gli altri quattro hanno voluto togliersi
Tutte le paure
Uno saltando nel vuoto,
Un altro sbattendosi la testa contro un muro,
Ma tutti con lo sguardo fisso alla morte.
Che spavento fa il volto del fascismo!
Portano a termine i loro piani con precisione professionale
E non gl’importa di nulla.
Il sangue, per loro, son medaglie.
La strage è un atto di eroismo.
È questo il mondo che hai creato, mio Dio?
Per tutto questo i tuoi sette giorni di riposo e di lavoro?
Tra queste quattro mura c’è solo un numero
Che non aumenta.
Che, lentamente, vorrà ancor più la morte.

Ma all’improvviso mi colpisce la coscienza
E vedo questa marea muta
E vedo il pulsare delle macchine
E i militari che mostrano il loro volto di matrona
Pieno di dolcezza.
E il Messico, Cuba e il mondo?
Che urlino questa ignominia!
Siamo diecimila mani
In meno che producono.
Quanti saremo in tutta la patria?
Il sangue del Compagno Presidente
Colpisce più forte che le bombe e le mitraglia.
Così colpirà di nuovo il nostro pugno.

Canto, che cattivo sapore hai
Quando devo cantar la paura.
Paura come quella che vivo,
Come quella che muoio, paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Ciò che ho sentito e che sento
Farà sbocciare il momento.

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