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Ritiro immediato delle truppe dall’Afghanistan!

3 Novembre 2009
Contro la retorica sulle forze armate, strumento della politica di guerra dei nostri governanti:
Mercoledì 4 novembre – ore 17:00
presidio a piazza Dante
 
La morte dei 6 militari italiani a Kabul ha squarciato il velo di menzogne sulla cosiddetta missione di pace in Afghanistan. Infatti, nonostante l’asfissiante retorica sull’intervento umanitario del “nostro esercito”, molti esponenti del governo e dell’opposizione, anche se a denti stretti, hanno dovuto ammettere che “siamo in guerra”. Una guerra di aggressione che in otto anni ha provocato la morte di 21 soldati italiani, più di 1.400 soldati alleati, 6 mila soldati e poliziotti afgani, circa 25 mila guerriglieri talebani. I civili afgani uccisi dagli “incidenti” e dagli “effetti collaterali” hanno superato gli 11 mila mentre altre centinaia di migliaia sono i feriti, i mutilati dalle bombe intelligenti, i senza casa.

 

Eppure in questi lunghi otto anni nessuna lacrima né un minuto di silenzio ha ricordato le vittime afgane di quest’aggressione. Lo spettacolo del dolore delle famiglie dei soldati italiani, l’enfasi sul loro eroismo, la commozione delle alte cariche dello Stato sono andati in onda per occultare ancora una volta questa banale verità. Le truppe della Nato e quelle italiane non sono andate là per esportare la democrazia, né per ricostruire il paese. Lo dicono i risultati di questa occupazione: un governo ed un parlamento corrotto come mai prima, il ripristino di leggi integraliste come ai tempi dei talebani, città e villaggi rasi al suolo, senz’acqua, senza luce, la coltivazione di oppio che sotto il controllo occidentale è arrivata al record storico del 93% della produzione mondiale.

 

La verità è che in Afganistan, in Iraq, in Libano come in Kosovo e negli altri teatri delle cosiddette missioni umanitarie, le truppe occidentali, prime tra tutte quelle italiane, servono a difendere gli interessi del grande capitale e delle classi dirigenti delle grandi potenze mondiali per controllare le risorse di queste aree e, soprattutto, ad eliminare qualsiasi opposizione alle loro politiche di sfruttamento. Quegli stessi interessi in nome dei quali si è dato vita in questi anni al più grande attacco contro le condizioni di vita e di lavoro anche nei paesi occidentali. La diffusione della precarietà, i licenziamenti in massa, l’aumento dei ritmi e degli orari di lavoro, la politica razzista contro gli immigrati ed il loro bestiale sfruttamento, la criminale di gestione dei beni comuni ed ambientali così come le aggressioni militari, sono tutti aspetti di un’unica strategia mirante ad aumentare i profitti, le rendite delle classi dominanti.

 

Fino ad ora la missione in Afghanistan è costata circa due miliardi e mezzo di euro, e con l’incremento di truppe e di mezzi varato recentemente siamo a circa un milione e mezzo al giorno; nel frattempo non si trovano i soldi per sostenere il reddito dei tanti lavoratori espulsi dai posti di lavoro, si attacca la scuola, la sanità pubblica e si riduce ulteriormente la spesa sociale. La politica interna e quella internazionale dei nostri governanti sono legate da un unico filo antiproletario e si rafforzano a vicenda . Per tale motivo la nostra opposizione alle aggressioni militari non deriva tanto da un generico spirito umanitario ma riguarda direttamente la possibilità di rafforzare la nostra resistenza alla stessa politica capitalista che ci colpisce quotidianamente. La relativa pace sociale interna consente di gestire in maniera indolore le aggressioni militari, politiche ed economiche verso i popoli periferici, ma contemporaneamente le spedizioni militari estere consentono di creare quel clima di unione sacra nazionale, di rafforzare il militarismo anche all’interno per criminalizzare qualsiasi dissenso e di determinare una gestione ancora più autoritaria del potere.

 

Denunciamo la reale natura delle missioni militari e della politica estera italiana, e rilanciamo le mobilitazioni per l’immediato ritiro delle truppe italiane sparse per il mondo. Non possiamo fidarci di chi usa parole di pace come Obama ma intanto rafforza la presenza di truppe in Afghanistan, copre la politica di oppressione israeliana in Palestina e minaccia l’Iran in nome del disarmo atomico pur possedendo il più grande arsenale atomico del mondo.

 

Rafforziamo il movimento contro il militarismo e la politica imperialista su basi di classe contro tutte le false opposizioni che convergono pienamente con la linea del governo e che sono state tra le principali artefici dell’invio di truppe all’estero quando sono state al governo

 

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