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Palestina: Leila Khaled non reputa imminente la prossima Intifada

14 Novembre 2009
Jon Elmer intervista Leila Khaled
del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina

 


Amman, novembre 2009
 
  Leila Khaled aveva 24 anni quando partecipò, nel 1969, al sequestro del volo TWA da Roma ad Atene. Quella fu la prima di una serie di azioni del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, FPLP, per attirare l’attenzione mondiale sulla causa palestinese. Tutti i passeggeri e l’equipaggio del Boeing 707 rimasero illesi. L’aereo fu fatto esplodere a Damasco, dopo aver atterrato.
 
L’anno successivo, Khaled cercò di sequestrare un volo della linea aerea israeliana El Al, quello da Amsterdam a New York, ma non ci riuscì. L’aereo atterrò a Londra, dove l’equipaggio la consegnò alla polizia britannica. Fu liberata successivamente con uno scambio di prigionieri.
  Denominata "eroina guerrigliera" dalla rivista statunitense Time nel 1970, Khaled è stata espulsa dalla sua casa ad Haifa con la nascita dello Stato d’Israele, quando aveva cinque anni.
  Appartiene ancora al FPLP, organizzazione marxista-leninista fondata dal medico George Habash, deceduto l’anno scorso ad Amman. Khaled, rappresentante di spicco della sinistra palestinese, è stata intervistata da IPS a casa sua, nella capitale giordana.
 
di seguito l’intervista
 
IPS: Che cosa pensa della Relazione Goldstone sulla guerra a Gaza e dei ritardi con cui è stato esaminato dal Consiglio dei Diritti umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) su richiesta del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), Mahmoud Abbas?


LEILA KHALED: Posticipare il dibattito è un errore politico, un grande errore politico. Non è solo un errore tattico.

Vogliamo un’inchiesta completa. Chi ha dato l’ordine di rinviare la discussione? Si tratta niente meno che di un rapporto delle Nazioni Unite. Andava avanti ed indietro da mesi. Lo si dovrebbe accettare senza indugi perché condanna l’invasione e le sue conseguenze, affermando che i criminali di guerra israeliani, politici e militari, dovrebbero essere condotti presso la Corte Penale Internazionale.
L’invasione di Gaza non è una novità. Non è la prima volta che subiamo un attacco del genere. Ma ora abbiamo la possibilità di accusare i criminali di guerra..

 

IPS: Qual è la sua opinione circa la separazione tra Gaza e Cisgiordania?
LEILA KHALED: È una situazione molto seria, perché i palestinesi sono ancora oggi sotto occupazione. Sono assediati a Gaza. In Cisgiordania l’ANP non ha sovranità né sulla terra né sulle frontiere. Gli israeliani continuano a confiscare terre, a demolire case, ad arrestare gente a qualunque ora ed in qualunque posto.
Le divisioni tra palestinesi colpiscono la nostra capacità politica di far fronte alle sfide lanciate dagli israeliani. Il FPLP ed altri settori fanno appello alla riconciliazione tra le due fazioni perché tale frattura pregiudica gli interessi del popolo. Ha indebolito il fronte palestinese e minato la solidarietà internazionale verso di noi.

La consideriamo una catastrofe.
 

IPS: Il trionfo elettorale di Hamas (Movimento di Resistenza Islamica) nel 2006 gli diede legittimità per governare? Entrambe le parti si accusano a vicenda di un colpo di stato. Cosa ne pensa?
LEILA KHALED: Noi non crediamo che Hamas abbia usato la sua legittimità in modo corretto. Ottenne la maggioranza nelle elezioni, ma non sarebbe dovuto arrivare all’estremo di risolvere le controversie con Fatah (il partito laico di Abbas che governa in Cisgiordania) con l’uso delle armi.
Questo non ha migliorato le cose per i palestinesi. Gaza continua ad essere sotto assedio. E Hamas ha lasciato fare all’ANP quel che voleva in Cisgiordania.
Avrebbero potuto ricorrere al dialogo, alla discussione ed alla trattativa sui contrasti. Cosa che avrebbe dimostrato che siamo un popolo democratico. Nella nostra storia ci sono sempre state idee e visioni differenti, ma mai siamo ricorsi alle armi per superare gli ostacoli al nostro interno.

Il conflitto principale è con l’occupazione, non con gli altri palestinesi.
 

IPS: Il generale statunitense Keity Dayton sta formando una forza di sicurezza palestinese che, apparentemente, sarà diretta contro Hamas ed anche contro il FPLP. Questo cambia la percezione delle contraddizioni a cui si riferiva?
LEILA KHALED: Il piano di Dayton è di costruire un apparato non per difendere il nostro popolo, ma per impedire al nostro popolo di resistere. Questo significa non solo formare ma anche fronteggiare le cellule della resistenza. Con tutte le fazioni, non solo con Hamas. Nel frattempo Israele entra tutti i giorni in qualsiasi città per arrestare ed assassinare.

L’ANP dovrebbe rafforzare coloro che sono disposti a resistere. Sfortunatamente, questa è una delle principali contraddizioni palestinesi: l’ANP – sia come governo, come apparato di sicurezza o come polizia – è costruita in conformità con la visione di Dayton e non a beneficio del nostro popolo
 

IPS: Percepisce lo sbocciare di una Intifada (insurrezione popolare palestinese contro l’occupazione israeliana)? Forse una Intifada contro l’ANP?
LEILA KHALED: Qualsiasi Intifada deve avere ragioni oggettive. La situazione attuale non è sufficiente per lanciarne una, con tutta questa pressione contro il nostro popolo, sia che venga dalla parte palestinese o dalla parte israeliana.
I palestinesi sacrificarono molto nella prima e nella seconda Intifada (una negli anni 80 e la seconda a partire dal 2000), con martiri e prigionieri, con danni alle famiglie, ai loro figli, alle loro proprietà. Oggi abbiamo 11.000 prigionieri nelle carceri israeliane e dietro di loro ci sono 11.000 famiglie.
Prima di tutto, dobbiamo finirla con le divisioni. Questo darà più potere al nostro popolo. Abbiamo visto che, durante l’invasione a Gaza, le manifestazioni in Cisgiordania furono represse dalla polizia palestinese e non da Israele.

Eppure, penso che una Intifada non sia imminente.
 

IPS: Che posizione ha il FPLP e la sinistra palestinese in generale, di fronte alla divisione fra Hamas e Fatah? La sinistra è, chiaramente, in uno dei momenti di minore popolarità della sua storia.
LEILA KHALED: Gli accordi di Oslo sono stati un punto di svolta nella lotta palestinese. Parte del nostro popolo appoggiava i negoziati con Israele. Credevano che ne potessero derivare l’indipendenza e la creazione dello Stato. Ma dopo anni senza ottenere nulla, il popolo ha capito che i negoziati non avrebbero portato benefici. Così scoppiò la seconda Intifada..
La sinistra risultò colpita per quel motivo e le nostre divisioni ci indebolirono. Abbiamo cercato per anni di costruire un fronte unito con un programma di resistenza. Se ci riusciremo, si creerà una terza linea. Dai mezzi di comunicazione ascoltiamo solo di Fatah e Hamas, ma la realtà non è così. Ciò indebolisce tutta la situazione.
Nello specifico, il FPLP affronta molte sfide. Il nostro segretario generale, Abu Ali Mustafa, fu assassinato. Ahmed Saadat è stato imprigionato. Molti dei nostri quadri sono stati arrestati o uccisi per mano israeliana. Questo ci ha indebolito.

 

IPS: Saadat disse nel 2003 che Israele approfittava della Intifada per spezzare la schiena al FPLP attraverso omicidi ed arresti, perché percepiva una minaccia in quella organizzazione, ma anche perché si era molto indebolita politicamente negli anni 90.
LEILA KHALED: Mustafa fu assassinato perché disse che il FPLP doveva resistere e non fare concessioni sui diritti palestinesi. Gli israeliani lo compresero molto bene. L’assassinio di Mustafa fu il primo che commisero con un alto dirigente come vittima.
Israele sapeva molto bene che il FPLP era in condizioni di resistere e che il suo programma di resistenza implicava di non negoziare. Sapeva che assassinando o imprigionando i suoi dirigenti avrebbe indebolito il Fronte e così fece. Ma noi siamo in grado di ricostruirci. Abbiamo ancora molto da fare in proposito.
Ma la situazione generale, tanto a livello palestinese come a livello arabo, non facilita la resistenza. Indebolisce tutti e non solo il FPLP.

 
IPS: Che fattibilità ha oggi una lotta armata ed il nuovo paradigma del ghetto?

LEILA KHALED: In generale, i popoli trovano sempre metodi di resistenza. Nel 1967, sequestravamo aerei. Poi abbiamo cominciato a lanciare pietre e più tardi gli attentati suicidi, dopo ci siamo fermati. Quando gli israeliani se ne andarono da Gaza, si cominciarono ad usarsi razzi contro Israele, mentre la Cisgiordania seguiva in silenzio.
Hai usato la parola "ghetto", ebbene sì, le nostre città lo sono. Sono circondate da insediamenti ebraici, c’è un muro attorno alla Cisgiordania, abbiamo posti di blocco ad ogni loro entrata.
Ma il popolo ha trovato metodi di resistenza che neanche io stessa potevo immaginare. Nessuno pensava ad una Intifada con le pietre, né che fossero i bambini a lanciarle. Questo fece nascere molte critiche verso Israele ed un moto di solidarietà verso di noi.
Quando c’è occupazione, c’è resistenza, che in ogni periodo adotta nuove forme e nuovi meccanismi. La situazione attuale non può durare a lungo. Il nostro popolo non può accettarla e, inoltre, ha una grande esperienza di lotta. Un giorno, la lotta riprenderà. In che modo, non lo so. Ma sta arrivando.
 
da Agencia de noticia IPS Inter Press Service – www.ipsnoticias.net
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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