Palestina: anni di piombo (fuso)
4 Gennaio 2010
Riportiamo di seguito due articoli di approfondimento sulla Palestina ed in particolare su "piombo fuso" comparsi su la Contraddizione (n.126): La guerra contro Gaza – la fabbrica del falso nella guerra delle parole (di V. Giacchè) e la rubrica di contro/in/formazione intitolata Anni di piombo (fuso)
LA GUERRA CONTRO GAZA
la fabbrica del falso nella guerra delle parole
di Vladimiro Giacché
L’attacco israeliano contro Gaza iniziato il 27 dicembre 2008 e (provvisoriamente) terminato il 17 gennaio 2009 costituisce uno dei migliori esempi di una verità più generale: nel mondo contemporaneo la propaganda, la guerra delle parole è ormai parte della guerra stessa. La quasi generalità dei mezzi d’informazione del nostro Paese ha combattuto in prima persona questa guerra, schierandosi con decisione dalla parte di Israele. Mettendo in campo una notevole varietà di tecniche di negazione, distorsione e neutralizzazione della verità [sono le stesse esaminate in un articolo pubblicato sul no.104 della Contraddizione, e prese assieme configurano una vera e propria fabbrica del falso]. Vediamole.
ANNI DI PIOMBO (FUSO)
Il massacro palestinese ad opera della famelica macchina da guerra israeliana ha segnato col sangue di civili l’inizio del 2009. Al di là del fin troppo scontato giudizio su chi è l’aggressore e chi la vittima, è importante contestualizzare l’ennesima serie di bombardamenti all’interno di quello che sembra un preciso contesto pianificato già da tempo dai diversi governi israeliani al di là delle palesi falsità proposte dai media di tutto il mondo [cfr. anche www.globalresearch.ca].
Già nel 2001, infatti, ai tempi del boia comatoso Sharon, il capo di stato maggiore Mofaz aveva presentato al governo israeliano un piano pluriennale – nome in codice “operazione vendetta giustificata” – contro i palestinesi dal titolo esplicito “la distruzione dell’Autorità Palestinese ed il disarmo di tutte le forze armate”. L’obiettivo dichiarato consisteva nella volontà di rioccupare la Cisgiordania ma soprattutto la Striscia di Gaza senza badare a spese … umane!
A conferma della premeditazione della feroce aggressione c’è il pretesto di “legittima difesa” proposto da Israele e dalla grandissima parte dei paesi occidentali, e dei relativi mezzi di comunicazione di massa che quotidianamente, ha celato la verità di quel che accadeva. Infatti, per settimane, i maggiori mezzi stampa occidentale utilizzavano il pietismo per giustificare la mole di immagini e video che testimoniavano i massacri di palestinesi, accusando Hamas di aver interrotto il cessate-il-fuoco con una “pioggia” di pericolosissimi missili a cui, giustamente, Israele rispondeva in quanto soggetto aggredito. In realtà, approfittando della distrazione per l’attesa dell’esito delle elezioni usamerikane, il 4 novembre, proprio Israele aveva tradito gli accordi del 19 giugno scorso bombardando Gaza ed uccidendo 5 palestinesi, oltre ad averne feriti gravemente molti altri. La ritorsione di Hamas attraverso l’uso di primitivi, artigianali e nel complesso imprecisi razzi (e non missili) contro Israele, è stata più che altro simbolica, visto che la portata “terroristica” di queste armi di distrazione di massa negli ultimi sette anni ha fatto meno vittime di quanti lavoratori ammazza il capitale in Italia in tre giorni.
Il piano Dagan – nome alternativo della più nota operazione “piombo fuso” – non a caso prende il nome del direttore del Mossad. Proprio qualche giorno prima del massiccio attacco a Gaza, John Negroponte, ancora per poco vice segretario di stato Usa, aveva incontrato proprio Meir Degan, probabilmente per pianificare ancor meglio il disastro umanitario progettato con tale crudeltà innanzitutto per generare un terrore inimmaginabile per la popolazione civile, attraverso la distruzione della vita quotidiana che sarebbe divenuta, per i superstiti, insopportabile. In questa maniera l’emigrazione sarebbe stata incoraggiata, mentre Hamas, e tutte le altre sacche di resistenza, sarebbero state profondamente indebolite. Una delle finalità prestabilite, a quanto sembra già dal 2001, consisterebbe nella cosiddetta “cantonizzazione” dei territori palestinesi, ossia la separazione completa – anche dal punto di vista del governo locale – della Cisgiordania (la west bank) da Gaza. Cardine del piano Degan era il tentativo di annientare l’Anp, attraverso l’assassinio di Arafat –portato a termine – e la frammentazione politica e militare all’interno della resistenza palestinese agevolata dalla creazione “esterna”, e dal conseguente finanziamento, di Hamas – stile al Qăīda – e, di recente, con la instaurazione di Mohamad Abbas (Abu Mazen) a capo di Fatah: in questa maniera con la più che prevedibile vittoria di Hamas alle elezioni del 2006 e la “guerra di Gaza” dell’anno dopo, l’obiettivo israeliano di lasciare a questi il controllo della striscia, mentre Anp-Fatah “confinata” nel governo della Cisgiordania, sembrava raggiunto.
Alla luce di quanto visto, l’assedio militare israeliano sembrerebbe essere stato violentemente puntato più contro i residenti di Gaza, per eliminarli direttamente o costringerli all’emigrazione da quella disastrata striscia di terra, che contro il popolo palestinese in quanto tale. Il piano israeliano di divisione di Cisgiordania e Gaza era esplicitamente riassunto dal boia Sharon il quale sosteneva che “la Giordania è Palestina”, come a dire che la striscia di Gaza, per qualche motivo sarebbe dovuta diventare, prima o poi, parte d’Israele o in ogni caso economicamente e politicamente indipendente dall’Anp.
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